In Recensioni by Matteo Macinanti  1 ottobre 2018

È un’atmosfera intima e raccolta — come si confà alla musica cameristica — quella della Sala Baldini mentre Zoya Shuhatovich fa il suo ingresso.
Il recital della pianista russa si conferma come uno degli appuntamenti più attesi dei Concerti del Tempietto e il pianoforte della Shuhatovich non delude le speranze del pubblico.
Il programma è vario e ben costruito: si parte con Bach, poi Schubert, per arrivare infine alle melodie spagnole di Isaac Albeniz.
Il preludio del corale bachiano ‘‘Wachet auf, ruft uns die Stimme“, nella trascrizione pianistica di Ferruccio Busoni, viene eseguito con grande maestria dalla pianista russa: Zoya Shuhatovich costruisce poco a poco lo spazio musicale donando ad ogni voce del contrappunto una statura equilibrata e indipendente, sebbene ben amalgamata con l’insieme vocale. A legare i discorsi musicali dei corali interviene infatti il pedale che, come indica Busoni sullo spartito, deve essere usato “con molta riservatezza”.
La “semplicità devota” che traspare da questa esecuzione non viene meno anche nel preludio successivo dal corale ‘‘Nun komm‘ der Heiden Heiland”.
L’approccio pianistico della Shuhatovich è mentale e analitico ma non lascia da parte il sentimento nobile e riservato che si nasconde tra le pieghe contrappuntistiche della musica del Kantor.

Gli Improvvisi di Schubert fungono da cambio di quinta teatrale: con la musica del compositore viennese ci si ritrova in un piccolo salotto come quelli in cui si esibiva il Maestro.
La pianista russa accompagna le modulazioni e variazioni dell’ Improvviso Op. 142 n. 3 con una grazia e leggiadria irresistibili, mentre nel successivo Improvviso n. 4 a spiccare sono il brio virtuosistico e la vivacità esuberante che caratterizzano questa splendida pagina di repertorio pianistico.

Senza neanche concedersi una pausa, la pianista continua imperterrita con il suo programma che, dall’accento tedesco della prima parte, arriva ora ai colori solari e danzanti della lingua spagnola.

Non ci si imbatte sovente nell’ascolto della Suite espaňola Op. 47 così come l’aveva concepita il suo compositore Isaac Albeniz. È infatti molto più frequente ascoltare la suite nella trascrizione chitarristica ben più conosciuta ed eseguita.

L’inconsueta esecuzione viene preceduta dalle parole della pianista la quale rivela di avere appena eseguito, con grande successo, la musica di Albeniz nella sua madrepatria musicale, a Valencia.
Le “fotografie” musicali dei luoghi della Spagna si susseguono con un andamento cinematografico e dinamico e rendono partecipe l’ascoltatore di questo viaggio fantastico tra le calles spagnole.
Il virtuosismo di Asturias si incontra con il ritmo danzante di Cadiz che a sua volta si lega ad un’altra celebre “canzone” pianistica, Sevilla.
Il tocco è forte e deciso, senza indugi, e la resa di questi trenta minuti di musica è letteralmente spettacolare.
Al pubblico non resta che applaudire la pianista la quale concede all’uditorio ben tre bis.

Matteo Macinanti


Review for Zoya Shuhatovich solo recital in Rome from Quinte Parallele magazine (October 1st., 2018).


This is an intimate and intimate atmosphere - as in the case of chamber music - Sala Baldini, when Zoya Shuhatovich makes her entry.
The solo concert of the Russian pianist is confirmed as one of the most anticipated events of the “Tempietto” concerts, and Shuhatovich’s piano does not disappoint public hopes.
The program is varied and well-built: we start with Bach, then Schubert, and finally we get to the Spanish tunes of Isaac Albeniz.
The prelude of Bach’s choir '' Wachet auf, ruft uns die Stimme ', in piano transcription by Ferruccio Busoni, is performed with great mastery by the Russian pianist: Zoya Shuhatovich gradually builds a musical space that gives balanced growth to each voice of counterpoint and is independent, although it is well combined with vocal ensemble . In order to link the musical discourses of the choirs, the pedal actually intervenes, which, as Busoni points out in the score, should be used “very confidently”.
“Devotional simplicity” arising from this performance is also not without a subsequent prelude from the choir “Nun komm” der Heiden Heiland ”.
The approach of Shuhatovich's piano is mental and analytical, but does not leave aside the noble and restrained feeling that is hidden in the contrapuntal stores of Cantor's music.

Schubert's improvisations serve as theatrical fifth change: with the music of the Viennese composer, we find ourselves in a small living room, such as those in which the Maestro performed.
The Russian pianist accompanies the modulations and variations of Improvviso Op 142. 3 with irresistible grace and grace, while in the next Improvviso n. 4 stands out the virtuoso brio and exuberant cheerfulness that characterize this magnificent page of the piano repertoire.

Even without allowing himself a break, the pianist continues to keep up with her program, which, starting with the German accent of the first part, now reaches the sunny and dancing colors of the Spanish language.

You do not often encounter listening to the espaòola Op 47 suite, since his composer Isaac Albeniz conceived it. In fact, it is much more common to hear that the set in the transcription of a guitar is well known and performed.

An unusual presentation is preceded by the words of the pianist, who shows that she has just very successfully performed the music of Albeniz in his wmusical homeland in Valencia.
Musical "photos" from places in Spain follow each other with a dynamic and cinematic trend and make the listener of this fantastic journey among Spanish calls participate.
The virtuosity of Asturias meets the dance rhythm of Cadiz, which, in turn, is associated with another famous piano “song”, Seville.
The touch is strong and decisive, without delays, and the performance of these thirty minutes of music is literally impressive.
All that remains for the public is to applaud the pianist who provides three encores of the audience.

Matteo Macinanti